Chiuse le indagini per il caso Attanasio: due dipendenti Onu rischiano per finire sul banco degli imputati per omicidio colposo

La Procura di Roma ha chiuso le indagini sull’omicidio dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo,insieme al loro autista Mustapha Milambo, il 22 febbraio dell’anno scorso nella zona del parco di Virunga da un gruppo armato in un tentativo di sequestro. A rischiare il processo, dopo l’inchiesta del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, sono due dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam), l’agenzia dell’Onu: per entrambi l’accusa è di omicidio colposo.

In base a quanto ricostruito dagli inquirenti, coordinati dal procuratore di Roma Francesco Lo Voi e dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, i due dipendenti del Pam, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza, avrebbero «omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia, secondo la ricostruzione effettuata allo stato, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna all’Onu, ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipantialla missione Pam che percorreva la strada Rn2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare».

In particolare, la Procura ha chiarito in una nota di aver raccolto, «allo stato degli atti, elementi secondo cui gli indagati: avrebbero attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominatividell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti Pam così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima». Inoltre, «avrebbero omesso, in violazione dei proticolli Onu, di informare cinque giorni prima del viaggio, la missione di pace Monusco che è preposta a fornire indicazioni specifiche in materia di sicurezza informando gli organizzatori della missione dei rischi connessi e fornendo indicazioni sulle cautele da adottare (come una scorta armata e veicoli corazzati)».

I due dipendenti dell’agenzia Pam avrebbero poi «omesso di predisporre le cautele richieste dalla classificazione di rischioattribuita al percorso da effettuare che, pur avendo dei tratti classificati verdi cioè a basso rischio, aveva anche delle parti classificate gialle, cioè a rischio medio, che avrebbero imposto di indossare, o avere prontamente reperibile il casco e il giubbotto antiproiettili». E, ancora, avrebbero omesso «di approntare ogni utile ulteriore misura di mitigazione del rischio», nonostante la presenza di un ambasciatore rendesse più a rischio la missione e avessero fornito a Iacovacci rassicurazioni sull’incremento delle misure di sicurezza, che il carabiniere aveva chiesto.

La Procura di Roma infine fa sapere che «ricostruita in modo esaustiva la dinamica dei fatti avvenuti la mattina del 22 febbraio, in particolare le modalità del sequestro e del successivo conflitto a fuoco, prosegue le attività di indagini per il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo, finalizzate ad identificare i componenti del gruppo di fuoco, anche attraverso le tue rogatorie già inoltrate alle autorità della Repubblica democratica del Congo».

Pubblicato da edizioni24

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