Caso Saman, lo zio Danish prima difendeva la famiglia, poi nega tutto, poi le accuse alla famiglia: “Sono stato incastrato”. E punta il dito contro fratello e nipote. Una mente contorta e diabolica

COMBO Saman

All’interrogatorio di garanzia, di fronte al gip, Danish Hasnain ha negato ogni addebito, ogni coinvolgimento. Sostenendo di essere vittima di una congiura e di essere stato «incastrato». Lo zio di Saman Abbas nega tutto e si dichiara all’oscuro di cosa possa essere accaduto alla nipote: la giovane pachistana scomparsa il 30 aprile scorso da Novellara, in provincia di Reggio Emilia, dopo che si era opposta a un matrimonio combinato. Ma Carabinieri e Procura di Reggio Emilia lo accusano di essere invece l’autore materiale dell’omicidio della ragazza, in concorso con i cugini.

Anche peggio, forse. Secondo quanto riferisce tra gli altri in queste ore il sito del Tgcom 24, Danish Hasnain, il principale sospettato della scomparsa della nipote Saman, non solo nega di sapere cosa possa essere accaduto alla giovane. Ma addirittura aggiunge che, «proprio in considerazione degli ottimi e affettuosi rapporti che aveva con lei, ha ritenuto plausibile che si fosse allontanata volontariamente». Parole che arrivano dall’avvocato del 34enne pakistano, Lalla Gherpelli, al termine dell’interrogatorio di Danish Hasnain video-collegato dal carcere con il tribunale di Reggio Emilia. E che risuonano come una beffa che va ad aggiungersi al dramma della scomparsa di Saman. Una ostinazione forsennata, quella di Danish Hasnain, a professarsi innocente e ignaro di tutto, attraverso la stampa e i media.

Una pervicacia che lo spinge addirittura a dire di aver semplicemente creduto alle versioni che il fratello e padre di Saman, Shabbar Abbas, e suo figlio minore, il nipote (attualmente ospitato in una struttura protetta ndr) gli avrebbero fornito: ossia la tesi dell’allontanamento volontario della ragazza. Non solo: il principale sospettato dell’omicidio di Saman e dell’occultamento del suo cadavere, si sarebbe anche spinto oltre, ventilando la possibilità – di cui riferisce sempre il Tgcom24 – secondo cui il fratello di Saman avrebbe rilasciato le dichiarazioni a suo carico «spaventato e condizionato dal padre Shabbar, anche in considerazione di un potenziale vantaggio di natura economica che deriverebbe dalla sua condanna. In Pakistan, infatti, i due fratelli sono comproprietari di un terreno e qualora lui fosse condannato spetterebbe di diritto a Shabbar».

Teorie, accuse, argomentazioni difensive, che lo zio di Saman avrebbe sostenuto «con coerenza e tranquillità, senza che mai la sua voce fosse turbata». Che hanno indotto il principale sospettato di un delitto efferato a esortare addirittura il pm affinché «appuri. Indaghi. Chiarisca», senza mai scomporsi o cedere all’emotività. Neppure quando, a domanda degli inquirenti sul video che lo ritrae insieme a due cugini mentre, con pala e piede di porco, si dirigono – secondo l’accusa – a scavare la fosse a SamanDanish risponde: «Andavamo a fare lavori nell’orto». Difficile pensare che qualcuno possa credergli…

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