Caso Morisi, la nota della Procura di Verona: “Riflettete sui tempi. Noi non avevamo interesse a far uscire la notizia”

«Ho assoluta certezza che nulla è stato detto da noi». È la procuratrice di Verona, Angela Barbaglio, a metterci la faccia per smentire con risolutezza che le notizie sull’inchiesta per cessione di stupefacenti in cui è coinvolto Luca Morisi siano uscite dai suoi uffici. «Chi dice cose tanto assurde dovrebbe anche spiegare quale sarebbe stato il nostro interesse. Altrimenti è solo un insulto all’intelligenza delle persone», ha detto il magistrato, aggiungendo di poter «assicurare che nulla è stato detto dai carabinieri». Barbaglio ha poi precisato che la vicenda investigativa in sé, che giudica «un fatto banale», la «lascia del tutto indifferente», ma «la falsità delle illazioni» sull’operato della Procura e dei carabinieri, quella, invece, le provoca «un gran fastidio».

La precisazione è arrivata, attraverso un’intervista al Corriere della Sera, all’apice delle polemiche sui contorni della vicenda Morisi che Matteo Salvini, manifestando la convinzione di essere lui il vero bersaglio del caso, ha definito un «attacco alla Lega» e «una campagna mediatica e giudiziaria a cinque giorni dalle elezioni». «Sinceramente non capisco proprio questa uscita. Del resto per noi parlano i fatti», ha detto Barbaglio, aggiungendo che «trattiamo questo fascicolo come tutti gli altri». «Peraltro – ha proseguito – si tratta di una storia banale che risale alla scorsa estate. La perquisizione è avvenuta a metà agosto, che motivo avremmo avuto di far uscire adesso la notizia?». Secondo Barbaglio sarebbe una illogicità anche pensare che «quindi avremmo tenuto a bada la notizia fino a ora». «Dire una cosa del genere – ha commentato – vuol dire insultare l’intelligenza delle persone».

Resta la domanda, legittima, che non si pone solo il segretario della Lega: perché del caso Morisi si parla solo adesso? «Sinceramente – ha risposto Barbaglio – questa è una domanda che non deve essere rivolta a me. Noi siamo estranei a tutto ciò che sta accadendo in queste ore. Però mi rendo conto che ormai lo sport nazionale è quello di sparare accuse contro i magistrati e le procure. E soprattutto di alimentare le polemiche. E voglio dirlo con chiarezza: è uno sport che non pratichiamo».

«Noi – ha ribadito ancora il magistrato nel corso dell’intervista con il Corriere – non abbiamo avuto alcun ruolo nella gestione di questa notiziae quindi non so davvero che cosa rispondere. Lo ripeto, non abbiamo alcun interesse per gli effetti sull’elettorato e mai, ribadisco mai, abbiamo pensato a strumentalizzazioni delle inchieste. E poi basta analizzare le date per capire che siamo rimasti sorpresi anche noi da tutto questo clamore». Proprio riferendosi ai tempi dell’inchiesta, Barbaglio ha definito la denuncia del 14 agosto come «un fatto antico», sottolineando che, benché loro avessero svolto gli accertamenti nell’immediatezza dei fatti, «nulla è emerso» e che «è rimasto tutto segreto fino a che non si è saputo delledimissioni dall’incarico».

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