Caso Chico Forti, Repubblica rivela: “Meloni sta seguendo personalmente la questione”

La vicenda giudiziaria di Chico Forti, il documentarista italiano condannato in Florida all’ergastolo per un delitto probabilmente mai commesso, ha assunto connotazioni grottesche alla luce degli annunci a intermittenza dell’ex ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ogni tanto, in diretta Facebook annunciava tronfio di aver risolto un problema.

Era il 23 dicrmbre 2020 quando il ministro degli Esteri dell’epoca, Luigi Di Maio, comunicava: “Chico Forti tornerà in Italia”. Da allora sono trascorsi 863 giorni, più di 20.648 ore. E c’è da porsi due domande. La prima: quanti di coloro che sanno della vicenda giudiziaria di Forti hanno creduto, in perfetta buona fede, che si fosse risolta positivamente già da tempo? La seconda domanda riguarda lo stesso Forti: che cosa significa ricevere l’annuncio che la propria sorte sta per cambiare radicalmente e, poi, trovarsi a verificare – minuto dopo minuto – che tutto resta atrocemente uguale?». Lo ricorda oggi su Repubblica Luigi Manconi, ex senatore dei Verdi, da sempre impegnato sulle condizioni dei detenuti italiani.

Nell’articolo che ricostruisce la complessa vicenda dell’ex videomaker trentino, Manconi rivela due dati. Il primo: c’è un cavillo che complica le cose. «La pena inflitta dal Tribunale statunitense è quella dell’ergastolo senza condizionale, misura non contemplata dai nostri codici. Qualora venisse trasferito in Italia, quindi, Forti non potrebbe scontare la pena comminatagli, in quanto abilitato a usufruire della libertà condizionale e di altri benefici. Da qui, la necessità di adeguare quella sanzione al sistema penitenziario italiano. Il che esige una complicata mediazione con le autorità giudiziarie della Florida e un compromesso che possa soddisfare queste ultime».

Secondo una fonte confidenziale di Manconi, «la “pratica Chico Forti” sarebbe ancora pendente: dal momento che il governatore della Florida Ron DeSantis non avrebbe ancora concesso un’autorizzazione definitiva al trasferimento del detenuto, «ma solo un’autorizzazione condizionata a non meglio precisate garanzie». L’ex senatore premette che «i governi italiani succedutisi non hanno ignorato la vicenda», citando in particolare la forte sollecitazione (datata giugno 2001) al Dipartimento di Giustizia Usa, da parte del Guardasigilli Marta Cartabia. Per poi rilevare che «l’attuale governo e personalmente la premier Giorgia Meloni – le va dato atto – si stanno interessando della questione». Nessun proclama, nessun annuncio in streaming, ma un lavoro in silenzio per riportare in Italia Chico.

Tutto è nella mani del governatore DeSantis, probabile candidato alle prossime presidenziali per il Partito repubblicano, che sembra preoccupato per le possibili reazioni ostili dell’opinione pubblica americana. La speranza è che la Meloni, da leader dei Conservatori europei possa riuscire dove finora non sono riusciti Conte, Draghi e il neo inviato Ue per il Medio Oriente.

Pubblicato da edizioni24

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