“Impediscono di difendere i confini nazionali mantenendo nel Paese anche quelli che delinquono. E tutto a causa di una ideologia”: il duro giudizio sui giudici italiani trapela da fonti di governo dopo la decisione del tribunale di Roma di non convalidare il trattenimento di 7 migranti, egiziani e bengalesi, nel centro in Albania in cui erano stati portati nei giorni scorsi, come previsto dal protocollo siglato dalla premier Giorgia Meloni e dal suo omologo albanese Edi Rama. Una decisione, quella delle toghe, che rinvia ora la questione alla Corte di Giustizia europea.
“Meglio dipendere dalla Corte di giustizia che dai giudici politicizzati italiani”, questo sarebbe stato il ragionamento fatto dalla presidente del Consiglio, secondo quanto riportato da Tommaso Ciriaco in un retroscena su Repubblica. A Palazzo Chigi, in effetti, c’è la convinzione che sull’esito di questa sentenza peserà non poco il pragmatismo delle istituzioni europee. Nel caso in cui i giudici europei dovessero essere d’accordo con quelli italiani, imponendo di fatto uno stop definitivo ai rimpatri, allora si verificherebbe una vera e propria paralisi di tutte le politiche migratorie decise dai 27 Stati membri dell’Unione europea.
Questo, secondo la presunta previsione privata della Meloni “non è immaginabile, esploderebbe l’Europa“. Intanto, il Viminale ha deciso di costituirsi di fronte alla Corte per ribadire la propria linea. Per il ministero dell’Interno e tutto il governo, il compito di stilare la lista dei Paesi per il rimpatrio dei migranti appartiene a ciascuno Stato membro. Inoltre, non è necessario che tutte le zone del Paese in cui è previsto il ritorno siano sicure per permettere di rimpatriare chi entra in Europa illegalmente. Nel frattempo, l’esecutivo della Meloni va avanti per la sua strada: “Non ci fermiamo”. Tra qualche giorno, quindi, la nave italiana ripartirà di nuovo in direzione Albania, in attesa di una nuova sentenza.