[BOOM] Nel M5s parte la rivolta anti-Casaleggio: “Basta ingerenze, ribelliamoci”

“Siamo entrati in una nuova era”. Luigi Di Maio, con un’intervista a La Stampa, certifica che l’esito del voto sulla piattaforma Rousseau ha impresso una rivoluzione copernicana dentro il M5S.

Un voto che ha mandato in soffitta due dogmi che, fino a qualche giorno fa, erano delle certezze granitiche: il limite dei due mandati e il no alle alleanze con i “partiti tradizionali”.

Un risultato che, per il momento, riguarda solo i consiglieri comunali e le elezioni locali, ma che consente a Virginia Raggi di ricandidarsi. “Dobbiamo andare avanti, non ci sto ad apparecchiare la tavola per far mangiare quelli di prima”, aveva detto solo pochi giorni fa la sindaca di Roma che, però, non potrà contare sul sostegno del Pd. “Roma merita di meglio”, ha chiarito il vicesegretario Andrea Orlando.

Nel breve periodo, però, la svolta grillina sulle alleanza potrebbe portare a un’intesa inaspettata nelle Marche. Vista e considerata l’impossibilità di trovare un accordo in Puglia, dove al massimo si replicherà la strategia del patto di desistenza stipulato in Emilia Romagna (leggasi voto disgiunto), i dem cercano di tenere almeno la ‘Regione rossa’ del versante Adriatico. “Le Marche sono scialuppa di salvataggio del governo perché in Puglia Emiliano rischia, mentre in Liguria l’alleanza giallorossa fallirà”, ha spiegato a ilGiornale.it un’autorevole fonte molto vicina ai vertici nazionali del Movimento circa una ventina di giorni fa.

Nel lungo periodo, invece, i parlamentari grillini che sono alla seconda legislatura sperano di poter “fare il tris”, dopo aver messo nell’angolo Davide Casaleggio, presidente dell’associazione Rousseau, il più restìo a cambiare le regole. Il figlio del co-fondatore Gianroberto, insieme ad Alessandro Di Battista, è il grande sconfitto dal voto che aveva appositamente fissato sotto Ferragosto proprio per affossarlo. Un tentativo andato a vuoto perché la base degli iscritti ha scelto di seguire la linea tracciata da Beppe Grillo in Liguria. I più maliziosi, dopo l’ufficializzazione del nome di Ferruccio Sansa quale candidato comune dei giallorossi, hanno detto a ilGiornale.it: “È nato il partito di Marco Travaglio”.

Il direttore del Fatto Quotidiano è un fan sfegatato del premier Giuseppe Conte e, già all’indomani del voto del 4 marzo 2018, sosteneva la necessità di un’alleanza Pd-M5S. Dopo poco più di un anno il suo sogno è divenuto realtà e, ora, anche l’ex capo politico Di Maio sembra essersi arreso alla volontà della base. “I nostri iscritti hanno chiaramente detto di volere evolvere facendo evolvere il Movimento. In quasi 10 anni è cambiato il mondo ed è cambiata l’Italia. Non credo sia il momento di fare previsioni, ma è evidente che ora si possono porre le basi anche per le comunali del 2021. Si voterà a Milano, Roma, Torino, Bologna e Napoli e io spero che ci possa essere una intesa complessiva”, ha dichiarato oggi a La Stampa.

Per il 2023, invece, si gioca tutta un’altra partita. Allo stato attuale, infatti, con l’approssimarsi del semestre bianco (luglio 2021) appare assai improbabile uno scioglimento delle Camere, soprattutto qualora passasse il taglio del numero dei parlamentari. Taglio che imporrebbe inevitabilmente una riforma della legge elettorale e una revisione dei collegi. Pd e M5S hanno, dunque, tre anni per costruire la nuova alleanza di centrosinistra che potrebbe vedere il premier Giuseppe Conte nel ruolo di capo della coalizione. Uno schema che vede come unico ostacolo Davide Casaleggio contro cui, stando al retroscena de La Stampa, starebbe nascendo una fronda composta da 80 parlamentari pronti a fare lo sciopero dei 300 euro. In sostanza, i parlamentari grillini non sarebbero più disposti a finanziare l’associazione Rousseau, guidata da Casaleggio jr, uno dei pochi che ancora si oppone al terzo mandato e all’alleanza con i dem. Il più agguerrito è il senatore Emanuele Dessì, fedelissimo di Paola Taverna, che, intervistato da Repubblica, dice chiaramente: “Basta con le ingerenze di Casaleggio, ribelliamoci”.

Il percorso, ormai, sembra tracciato. Ad accorgersene è stato anche il viceministro allo Sviluppo economico, Stefano Buffagni che, citando Gianroberto Casaleggio, ha usato parole che sembrano profetiche: “Ogni volta che deroghi ad una regola la cancelli”.

È questo il prossimo obiettivo dei parlamentari grillini che chiedono sempre più a gran voce gli Stati Generali per designare una nuova guida al posto di Vito Crimi, qualcuno che porti a compimento l’alleanza giallorossa senza che il M5S diventi succube del Pd. Le grandi manovre sono appena iniziate e l’asse Casaleggio jr-Dibba venderà cara la pelle per mandare a monte questo progetto. Le faide interne non mancheranno e il rischio di una scissione potrebbe tornare di moda. Il politologo Paolo Becchi, proprio ailGiornale.it, ha già prefigurato questo scenario: “Non mi pare che corra buon sangue tra Casaleggio e Grillo, anzi. Sembra evidente – ci aveva detto – che i rapporti personali si siano sfilacciati e che ci sia un diverso modo di intendere il futuro del M5S”. E aveva aggiunto: “Il M5S, se vuole uscire dalla crisi, deve sdoppiarsi”.

Da un lato il Movimento di governo, rappresentato da Conte, Grillo e Di Maio e dall’altro lato “un M5S 2.0 di lotta, che non necessariamente farebbe opposizione, ma raccoglierebbe i militanti più duri e puri che non si riconoscono in questo governo”. Ai posteri l’ardua sentenza.

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