Bon Appetit, Alfredo! Cospito ringrazia i giudici e torna a mangiare

Finisce un po’ all’italiana, dopo quasi sei mesi in cui il dramma ha rischiato di precipitare in tragedia, e temi cruciali di civiltà giuridica sono finiti nel bailamme dei proclami e dei controproclami. Il caso di Alfredo Cospito si chiude ufficialmente ieri mattina con un modulino che dal reparto carcerario dell’ospedale San Paolo il dinamitardo anarchico fa arrivare alla direzione: «Rinuncio allo sciopero della fame». Non ha ottenuto niente, il famigerato 41 bis – il trattamento carcerario di massima sicurezza – non è stato tolto nè a lui nè a nessun altro degli «ottantenni malati» evocati da Cospito, e ancor meno si parla di abolire dall’ordinamento italiano il carcere duro. E così per capire perchè Cospito abbia deciso di tornare a mangiare bisogna affidarsi alle poche e semplici parole del suo avvocato: «Non voleva morire». L’istinto di sopravvivenza ha prevalso su tutto: sulla vocazione al beau geste, sulla tentazione di trasformarsi in martire. Come già aveva detto qualche giorno fa: «Voglio continuare la mia battaglia, e per questo serve che io sia vivo».

Cospito torna a mangiare: dovrà farlo con cautela, perchè un organismo debilitato e atrofizzato da sei mesi di digiuno (anche se con alterni rigori) non è per ora in grado di assimilare granchè. Integratori, zuccheri, brodo vegetale e bustine di formaggio continueranno a essere per i prossimi giorni il cibo base del detenuto, poi pian piano l’ombra denutrita che raccontavano le ultime immagini tornerà ad assomigliare all’omone che dalla sua cella inviava gli inviti alla rivolta e alla violenza che gli costarono l’applicazione del 41 bis.

Al 41 bis, questo è certo, Cospito ci resta. Dentro l’ospedale per ora, poi – appena le condizioni di salute lo consentiranno – a Opera o in un altro carcere di massima sicurezza. Per motivare in qualche modo la retromarcia del suo assistito l’avvocato Rossi Albertini si aggrappa a tre alibi: la sentenza della Corte Costituzionale che ha modificato il reato di strage, evitando a Cospito una possibile condanna all’ergastolo; una prima dichiarazione di ammissibilità di un ricorso contro il 41bis alla Corte europea dei diritti dell’uomo; e soprattutto l’eco mediatico della sua protesta, grazie al quale «il 41 bis è sempre meno tollerato dall’opinione pubblica».

In assenza di sondaggi che certifichino l’ultima affermazione del legale (soprattutto se si trattasse di togliere dal carcere duro anche Matteo Messina Denaro e colleghi, come pretendeva l’anarchico) restano i due risultati processuali che il digiuno avrebbe ottenuto. Il primo, la sentenza della Consulta, in realtà non muta in nulla le condizioni attuali di Cospito: resta condannato in via definitiva per tentato omicidio e strage, resta la sua pericolosità attestata in provvedimenti anch’essi definitivi, e – come sottolinea il sottosegretario Andrea Delmastro – «la sentenza della Consulta non incide certamente sul regime carcerario del 41 bis». Quanto alla Corte europea, che il ricorso di Cospito abbia superato il vaglio di ammissibilità non autorizza a pensare che i giudici di Strasburgo intendano rimangiarsi le sentenze con cui in passato hanno riconosciuto la piena conformità del carcere di massima sicurezza con le convenzioni comunitarie. Semplicemente, quando si è reso conto che in fondo al tunnel in cui si era infilato non c’era alcuna luce, Cospito ha avuto il buon senso di fermarsi e tornare indietro. E intanto ha anche presentato un nuovo ricorso alla Corte di Strasburgo, questa volta contro il regime del 41bis, sostenendo che sono stati violati diversi suoi diritti.

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