Black Axe, la sanguinaria mafia africana messa all’angolo: arrestati 30 boss nigeriani in 13 città

Chi c’è dietro la ragazza discinta che chiede l’amicizia su Facebook? E dietro la maggior parte dei reati on line? Dietro le prostitute africane sulle vie d’Italia? E dietro il traffico di tonnellate di droga che inondano le piazza di spaccio italiane? La risposta è sempre la stessa: Black Axe.  La mafia che ha i vertici in Nigeria, ma che in Italia è sempre più egemone. L’ennesima conferma arriva dall’arresto oggi di trenta boss nigeriani in tredici città d’Italia.

Protagonisti dell’operazione Hello Bross, contro la mafia nigeriana, gli agenti della Polizia di Stato de L’Aquila. Un blitz poderoso che ha visto l’intervento delle squadre Mobili di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni.

I membri dell’organizzazione mafiosa nigeriana denominata Black Axe, devono rispondere di numerosi reati. Tra questi,  traffico di stupefacenti, immigrazione clandestina, sfruttamento della prostituzione, truffe romantiche, truffe informatiche e riciclaggio anche attraverso la compravendita di bitcoin, per un totale di quasi 100 capi di imputazione. Gli agenti hanno perquisito le case di venticinque cittadini nigeriani, parimenti indagati per associazione di stampo mafioso.

I provvedimenti restrittivi sono frutto di una articolata e complessa attività d’indagine condotta dalla Squadra Mobile de L’Aquila, dalla Sezione di Polizia Giudiziaria e dal Servizio Centrale Operativo, collaborati dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e dal Servizio Polizia Scientifica.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza e l’operatività, in Italia, di una associazione a delinquere di stampo mafioso costituente un’articolazione dell’organizzazione criminale denominata Black Axe.

In particolare, è stata ricostruita l’intera struttura dell’organizzazione criminale individuandone i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane, tutti appartenenti ad una struttura associativa unitaria facente capo, in Italia, al predetto nigeriano stanziale a L’Aquila. Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime, realizzando così cospicui guadagni: le evidenze investigative hanno delineato una struttura, operante anche a livello transnazionale, dedita alla commissione dei delitti con compiti svolti in modo modulare da ciascun appartenente.

Una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin. Con essi, i criminali compravano nel mercato del darknet, i numeri delle carte di credito clonate. Con queste compravano sui siti e-commerce numerosi beni e servizi. Tra questi cellulari, televisori, computer, abbigliamento e scarpe di marca, biglietti aerei etc. Il gruppo criminale mafioso aveva accumulato cospicue disponibilità di denaro in vari paesi europei ed extraeuropei.

Il denaro provento dei vari delitti veniva reinvestito in un vero e proprio reticolo di transazioni finanziarie. In questo modo occultavano la tracciabilità del denaro. Ripulivano, quindi, i soldi sporchi. Nonostante il tentativo di adottare un basso profilo da parte del capo del gruppo criminale “Zonal Head Italia”, le indagini hanno messo in luce la presenza di un’organizzazione gerarchica, caratterizzata da aggressività e violenza, dotata di rigide regole di condotta che ne disciplinano l’accesso e dalle quali discendono, per gli appartenenti, precisi obblighi la cui osservanza è finalizzata al rafforzamento della consorteria e del vincolo associativo.

Altre peculiarità emerse nel corso delle investigazioni sono l’utilizzo di determinate terminologie, simbologie e gestualità. Nonché riti di affiliazione, collegamenti con la casa madre nigeriana e con le altre zone, cioè delle macroaree corrispondente a una o più nazioni. Il gruppo criminale effettuava anche delle raccolte di denaro in favore dei sodali arrestati con la presenza di una cassa comune con la tenuta di un libro mastro. La mafia nigeriana e la Black Axe avevano fatto capolino anche nell’efferato delitto di Pamela Mastropietro. La giovane ragazza romana venne stuprata, uccisa e fatta a pezzi ad Ancona. Per quel delitto ha pagato solo una persona, ma il sospetto è che dietro ci fosse più di un carnefice, coperto appunto dalla mafia nigeriana. 

Pubblicato da edizioni24

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