De Feo intervista Bernini: “La sinistra invoca rivolte e i violenti passano ai fatti”

By Fabrizio De Feo

Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e Ricerca, venerdì va in scena lo sciopero studentesco e a Bologna spuntano manifesti dove lei e la presidente del Consiglio siete ritratte con una mano insanguinata sul volto. Cosa ne pensa?

«Vede, quei manifesti sono gravi due volte. Sono gravi in sé e sono gravi in quanto segnali di un clima, di cui fa parte anche la manifestazione dei centri sociali a Bologna, in cui si sono registrati scontri con la polizia a cui va la mia piena solidarietà. Quel che sta accadendo è un salto di qualità. È il superamento di un limite invalicabile in una democrazia. Tutte le opinioni sono legittime, ma con il limite della violenza: annunciata, minacciata, praticata».

Chi sono gli autori di quel manifesto?

«Il collettivo Cambiare rotta, che in questi mesi è stato protagonista non di legittime manifestazioni, ma di atti di violenza nelle università italiane, impedendo a persone di parlare. Inaccettabile in un luogo, le università, che devono rimanere spazi aperti di confronto e di democrazia. Spazi di libertà: di studiare e anche di manifestare civilmente».

Su quale piattaforma si basa questa mobilitazione?

«Tutta politica, contro il governo, all’insegna di un clima d’odio, nell’ambito di una piattaforma che fa di tutt’erba un fascio: critica al governo, finto-pacifismo ideologico, parole d’ordine anti-occidentali. In un paese normale e in una democrazia matura, le forze democratiche sarebbero impegnate a marcare un confine, netto e invalicabile. Qui c’entra il clima che si sta creando. Mi limito a mettere in fila gli elementi. Il segretario della Cgil Maurizio Landini che inneggia alla rivolta sociale. La segretaria del principale partito della sinistra Elly Schlein che parla di olio di ricino e, non avendo proposte alternative per sfidare il governo, ulula all’allarme democratico. Poi gli scontri e i manifesti su cui la sinistra non dice una parola».

La sinistra italiana ha perso la capacità e la voglia di respingere le spinte più estreme?

«Purtroppo si sta sdoganando l’idea che tutto è lecito pur di scagliarsi contro l’avversario politico. È un’idea lunare, ma pericolosa. Lunare perché è evidente che il paese non li segue e non crede al loro racconto: più urlano al fascismo, più vinciamo le elezioni. Ma è pericolosa perché eccita facinorosi e minoranze che nulla hanno a che fare con la democrazia. Chiedo al segretario della Cgil e al segretario del Pd: ma davvero pensate di fare un servizio al paese e ai lavoratori, aizzando gli spiriti di chi cerca lo scontro con la polizia, di chi impedisce di andare a lezioni agli studenti che fanno sacrifici per studiare?»

In questo contesto Landini sostiene che «è arrivato il momento di una rivolta sociale».

«Vorrei ricordare a Landini, che il suo sindacato è quello che, per difendere lo stato democratico, con Lama fu contestato alla Sapienza dagli autonomi che lanciavano i sampietrini. Vorrei ricordare a Elly Schlein che nella migliore tradizione della sinistra italiana c’è la difesa delle istituzioni e la condanna della violenza. Berlinguer bollò come untorelli quei violenti dell’Autonomia che mettevano a ferro e fuoco il paese negli anni Settanta e il suo partito allora denunciava i terroristi nelle fabbriche. Oggi la sinistra e la Cgil non sono in grado di condannare la violenza».

Per quale motivo?

«Direi a causa di un vuoto pneumatico di idee. Ma questo non è un bene. Una democrazia ha bisogno di una maggioranza ma anche di una opposizione che, nell’ambito di regole del gioco condivise e in una cornice di rispetto, si contrapponga con idee e programmi. Non c’è nulla di tutto ciò. Noi invece continueremo a fare la nostra parte, come abbiamo fatto in questi mesi: dando risposte sul diritto allo studio e mettendo soldi nelle tasche dei lavoratori sul cuneo fiscale. E continueremo a difendere la democrazia, garantendo la libertà di opinione e condannando la violenza. Altro che fascismo: siamo democratici due volte. Per noi e per loro, che non sono in grado neanche di dire che sono compagni che sbagliano. Anzi inneggiano alla rivolta».

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