Beppe Alfano, un esponente di destra che non scende a patti. Figlio dei padri fondatori Niccolai e Pippo Tricoli

La notte dell’8 gennaio di trent’anni fa Beppe Alfano veniva colpito a morte da tre proiettili, mentre era alla guida della sua auto, a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Insegnante di educazione tecnica alle scuole medie, Beppe era appassionato di giornalismo e militante prima di Ordine nuovo e poi del MSI. Era anche impegnato nella Cisnal, il sindacato di riferimento del MSI.

Collaborava con l’emittente locale Radio Tele Mediterranea ed era corrispondente de “La Sicilia” di Catania. Fondò, a Messina, Radio Canale 30. Pagò con la vita le sue inchieste sulla mafia e il malaffare, rivolte soprattutto verso mafiosi latitanti, amministratori locali ed esponenti della massoneria. In un comizio del 1990, durante le elezioni amministrative a Barcellona, cui volle partecipare a capo di una lista civica denominata Alleanza Democratica, se la prese indistintamente con democristiani e comunisti, responsabili, a suo dire, “di aver mandato a morire quel galantuomo del Generale Dalla Chiesa”.

Mentre parlava fecero scoppiare una bomba carta sotto il palco,per ridurlo al silenzio. Ma lui non si fermò. Beppe era uno che non si fermava, perché non aveva paura. Denunciò il marciume del sottobosco di Bercellona, che per tutti era una cittadina pulita e tranquilla della Sicilia. Per tutti, ma non per lui. Svelò gli intrecci relativi al contrabbando, alle truffe agrumicole e alle cointeressenze tra mafia e politica nel territorio di Barcellona e dintorni. Scrisse di logge coperte e club esclusivi. Indicò anche i giorni e gli orari delle loro riunioni. E lo ammazzarono.

La Sicilia di Alfano è figlia di quella “tradizione silenziosa e impersonale” della destra siciliana legalitaria e antimafia, ben descritta da Fabio Granata in “Meglio un giorno. La destra antimafia e la bandiera di Paolo Borsellino” (Eclettica). La tradizione che si collega alla visione storica e politica di Beppe Niccolai e Pippo Tricoli, gente che non era disposta a “trattare” o scendere a patti con la politica mafiosa. Nessuno ha ancora pagato per l’omicidio di Alfano.

A lui la “cultura ufficiale” non ha dedicato film, bestseller, strade, aule universitarie, ecc. Sì e no qualche trafiletto di giornale.
Si spera in qualche futuro programma controegemonico, non tanto per la celebrazione in sé, quanto per mantenere viva la memoria e l’esempio di un Uomo del sud che amava la Patria e non volle rassegnarsi alla condizione di suddito dell’antistato.
Beppe vive nel ricordo di molti.

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