Anziana uccisa a Milano, l’agghiacciante confessione: massacrata per 40 euro spesi in birra

Il racconto del brutale omicidio di Fernanda Cocchi, la 90enne milanese uccisa da due sudamericani a coltellate alla nuca e al collo e colpi di ferro da stiro sulla testa, è agghiacciante. La normalità con cui i due lo raccontano nella prima confessione resa agli inquirenti subito dopo il fermo di domenica, anche più sconvolgente. Non c’è fine all’orrore di fronte alla “banalità del male”. E oggi, leggere dal Corriere della sera quelle ricostruzioni. Non confermate poi davanti all’avvocato e al pm Rossella Incardona, dove gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Esattamente come ieri, durante l’udienza di convalida del fermo davanti al gip Anna Calabi, che ha confermato il carcere per i due stranieri, fa inorridire.

Quella disinvoltura nel ripercorre le tappe dell’orrore, di un omicidio efferato deciso al tavolino di un bar sorseggiando brandy e succo d’arancia, nell’attesa di andare ad uccidere, fa rabbrividire. E denuncia una totale assenza di umanità. Così come la modalità omicidiaria palesa una ferocia che esclude a priori qualunque richiamo alla pietà, alla più elementare forma di compassione. E allora, dagli stralci della confessione rilasciata dai due sudamericani arrestati, sul Corriere della sera leggiamo: «Ieri mattina ho chiamato il mio amico Gabriel a cui ho proposto di andare a rubare a casa di una vecchietta che abita al primo piano del mio palazzo – racconta nelle sommarie informazioni Mario Abraham Calero Ramirez, 44 anni peruviano, appena fermato dagli agenti –. Lui era d’accordo. E gli ho consigliato di portare i guanti per non lasciare impronte».

Quel suggerimento sarà l’unico gesto di attenzione calcolato dai due, e a loro esclusivo tornaconto. Il resto delle loro mosse, invece, seguirà gli impulsi più biechi. Gli istinti più feroci. Così, il racconto prosegue: «Verso le 14 siamo andati in via Ponte Seveso 26, io sono entrato e ho accostato il portone condominiale e la porta della scala A per permettere a Gabriel di seguirmi – racconta il 44enne alla polizia –. L’ho aspettato sul pianerottolo del primo piano. E quando mi ha raggiunto ho visto che aveva tirato su il cappuccio della felpa grigia e la mascherina. Ho indicato a Gabriel la porta, e lui ha proposto di coprire gli spioncini. Lo ha fatto usando uno scontrino che avevo in tasca del Carrefour. Ci siamo messi i guanti». Non restava che aspettare la preda che, come tutti i giorni a quell’ora, era andata a buttare la spazzatura.

Poi, con il ritorno della vittima, comincia il massacro. «Dopo mezz’ora, quando la vecchietta è uscita – prosegue nel suo racconto il peruviano – Gabriel l’ha presa da dietro con un braccio intorno al collo. E con l’ltra mano le ha tappato la bocca. Siamo entrati in casa e ho chiuso la porta con le chiavi che erano inserite. Gabriel l’ha trascinata in sala e l’ha buttata a terra. La signora reagiva e provava a urlare. Il mio amico mi ha detto di prendere il coltello dalla tasca della sua felpa e di usarlo. Io con il manico le ho tirato due colpi alla testa». Ramirez racconta di non aver avuto il coraggio di uccidere. Ma probabilmente è solo un tentativo di scaricare le responsabilità del delitto sul complice.

«Gabriel mi ha detto di usare la lama. Ma io non me la sentivo perché non volevo ucciderla. E allora, visto che la signora a terra continuava a urlare, mi ha detto di tenerla ferma e di dare il coltello a lui. Gabriel col coltello l’ha colpita sulla nuca e sul collo. La signora ha smesso di urlare. Ho capito che era morta». E infatti, quando i vigili del fuoco – intervenuti poco dopo il delitto per domare l’incendio, innescato dai due sudamericani nel maldestro tentativo di coprire le loro tracce – trovano la vittima esanime sul pavimento, la donna presenta il cordone del ferro da stiro annodato intorno al collo. Per il medico legale è possibile che i colpi mortali siano stati inferti proprio con la piastra dell’elettrodomestico… Un massacro, quello che i due stranieri hanno compiuto, due collanine, un anello, un orologio, quaranta euro presi da un portafoglio e un paio d’occhiali da sole.

Un bottino esiguo strappato all’anziana che i due assassini, senza un piano e senza un senso, hanno ucciso con una crudeltà e una violenza spropositate. Apparentemente con la stessa disinvoltura con cui, racconta sempre Ramirez, subito dopo il delitto: «Gabriel è uscito dall’appartamento. Poi sono uscito subito anche io, e sono andato al quarto piano a casa mia a pisc…e. Dopo qualche minuto ho raggiunto Gabriel alla fermata della 91. Scesi a Lotto abbiamo preso l’autobus 98 e siamo arrivati in Piazzale SegestaSiamo andati al parco dove ci siamo divisi i soldi rubati, 20 euro a testa, e abbiamo preso delle birre». Poi, tutti a dormire. Come se fosse una notte qualunque…

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