A cadenza regolare capita che qualche nostalgico del comunismo (quindi tollerato da benpensanti e giornaloni) imbratti i monumenti e le vie che commemorano gli italiani infoibati. L’elenco che potremmo fare è lungo. Tra gli altri, citiamo la distruzione di targhe, scritte inneggiati i macellai di nostri connazionali e scritte come “Tito ce l’ha insegnato, infoibare un fascista non è reato”. Questi oltraggi, normalmente, vengono compiuti attorno il 10 febbraio, il Giorno del Ricordo.
Ma la mamma dei cretini è sempre incinta e così capita che, azioni simili, vengano compiute durante tutto l’anno. In questi giorni, per esempio, a Trieste – più precisamente alla foiba di Basovizza, dove c’è il più importante monumento che ricorda gli italiani che lì furono massacrati dai titini – qualcuno ha pensato bene di disseminare il terreno di bandiere con la stella rossa accompagnate dalla scritta Tito.
In un video, fatto arrivare al Giornale.it dalla Lega nazionale, si vede tutto il ciglio della strada pieno di patch simili. Impossibile comprendere il perché sia stato compiuto un gesto simile. L’unica motivazione è il voler offendere, ancora una volta, coloro che hanno perso la vita a partire dall’8 di settembre in poi solo perché erano italiani. Per i titini, infatti, l’appartenere alla nostra nazione rappresentava solo una cosa: il fascismo. Un’equazione ovviamente falsa che però ha permesso una vera e propria pulizia etnica contro chiunque non aderisse al sogno socialista. Un incubo costato la morte a decine di migliaia di persone di ogni nazionalità, nelle foibe ci finirono anche croati, sloveni e tedeschi, e di ogni credo politico (finito lo sterminio dei fascisti, veri o presunti, Tito se la prese anche con i comunisti “cominformisti”, ovvero coloro che rimasero fedeli all’Unione sovietica dopo lo strappo del 1948). Ma si sa: è meglio raccontare una storia parziale. È meglio dire che il comunismo, quello vero, non è mai stato applicato correttamente. È meglio chiudere un occhio, a volte anche due, davanti alle atrocità con la stella rossa. E, così facendo, infoibare ancora una volta la verità.