Africa, l’affondo di Minniti: “Confido molto nel piano Mattei della Meloni. Dall’Ue miopia preoccupante”

Da un lato la «miopia dell’Ue», dall’altro la lungimiranza del nostro governo e di quel “piano Mattei” che punta a stabilire nuovi equilibri con l’Africa e al quale lui guarda con grande fiducia. L’ex ministro dell’Interno Pd, Marco Minniti, oggi alla guida della Fondazione Med-or, non  ha dubbi: «Il nostro benessere dipende dall’Africa. Non c’è nessun muro che potrà reggere: se l’Africa starà bene nei prossimi vent’anni, l’Europa starà bene. Altrimenti saranno guai per tutti». Per questo «confido molto nel piano Mattei lanciato dal nostro premier nella sua missione africana», ha spiegato, sottolineando anche l’importanza di una presa di coscienza europea sul tema immigrazione, perché se non si riesce a governarla «dall’Africa possono arrivare le armi anziché i barconi».

In una lunga intervista a Libero, firmata dal direttore Pietro Senaldi, Minniti ha ricordato che «per ragioni geopolitiche, l’Italia non può che svolgere un ruolo chiave» in questo progetto di ridefinizione dei rapporti con l’Africa, che l’Europa deve iniziare a riconoscere come indispensabile. «Quello che più mi preoccupa – ha quindi chiarito l’ex ministro – è la miopia dell’Unione Europea, che non ha compreso fino in fondo il senso della sfida che la attende e la drammatica guerra in Ucraina complica tutto: sposta tutta l’attenzione a Nord e a Est. Basti pensare che nel giro di pochi anni la Polonia, grazie ai progetti di incremento delle sue capacità militare, diventerà una delle principali potenze del continente».

Dunque, spetta al nostro governo «il dovere di tenere accesi i riflettori sul fronte del Mediterraneo allargato, dal Marocco alla Giordania, fino alla Penisola Arabica», considerando che «in Africa si giocano tre grandi partite»: quella energetica, quella demografica e quella della sicurezza, connesse tra loro. «Non si può lasciare nelle mani dei trafficanti di esseri umani il futuro delle nostre democrazie», ha avvertito Minniti, sottolineando che «la questione va risolta in Africa, favorendo lo sviluppo del Continente». «Un patto per le migrazioni legali tra Europa e Africa – ha chiarito Minniti – può diventare una straordinaria opportunità di crescita economica per i Paesi di partenza».

Dunque, l’Europa deve tenersi alla larga da qualsiasi tentazione di neocolonialismo, che invece «stanno facendo i cinesi», e «deve puntare alla formazione di classi dirigenti autoctone, che vengono in Europa a imparare e poi tornano in patria a dirigere, mantenendo con noi un rapporto di privilegiata fiducia». Un obiettivo, ha spiegato, che anche quello perseguito dalla sua Fondazione. Minniti ha anche quantificato lo sforzo economico che l’Ue dovrebbe mettere in campo per «sollevare un Continente»: 6 miliardi, che sono poi, ha ricordato Senaldi, la stessa cifra concessa a Erdogan, senza risultati soddisfacenti, per intervenire sui flussi migratori della rotta balcanica. «L’importante – ha chiarito ancora Minniti – è partire da subito. Perché se non riusciamo a governare l’immigrazione e creare dall’Africa possono iniziare ad arrivare le armi anziché i barconi».

In Africa, infatti, si gioca anche la «sicurezza dell’Europa». «In questo momento – ha sottolineato l’ex ministro – l’Africa è il principale scenario, insieme all’Afghanistan, di presenza del terrorismo internazionale, dal Sahel alla Somalia. Il fatto che sia scoppiato il conflitto ucraino non significa che la minaccia del terrorismo islamico sia scomparsa». Inoltre, è «possibile» che in Africa rischi di aprirsi un secondo fronte dello scontro tra Occidente e Russia perché «qualcuno può ritenere che aprire un fronte africano possa essere una risposta asimmetrica rispetto a una guerra che si sta combattendo sul terreno e che pare lontana dal concludersi». «Ci sarà una ragione se la Russia, con la fame di uomini che ha sul fronte ucraino, mantiene gli uomini della Wagner in Libia, in Mali e nella Repubblica Centrafricana», ha avvertito Minniti, che teme una Terza guerra mondiale, ma non crede ci sarà e che rispetto alla minaccia nucleare agitata da Putin ha chiarito che, per quanto grave sia, «il dittatore russo» sa che comporterebbe ricadute geopolitiche non sostenibili per Mosca.

In questo scenario «l’Italia deve fare da apripista di un’iniziativa europea verso il Mediterraneo allargato» e fugare nei Paesi dell’area «la sensazione che la sola alternativa per contare nel mondo sia inserirsi, da subalterni, nella filiera russo-cinese». «Il Sud del pianeta cerca una posizione nel nuovo equilibrio mondiale e noi italiani siamo ritenuti più affidabili perché non abbiamo un’agenda nascosta. Costruire un rapporto di fiducia in diplomazia è essenziale», ha chiarito Minniti, che ha rivelato che avrebbe voluto vedere Zelensky a Sanremo. «Avremmo fatto una figura straordinaria. Peccato», ha commentato, aggiungendo che il premier, che a sua volta ha spiegato che avrebbe voluto vedere Zelensky a Sanremo, ha comunque «fatto bene a tenersi fuori».

Quanto alle critiche che le vengono rivolte, qualsiasi scelta compia, Minniti ha sottolineato che «ci sarà sempre chi la criticherà e la sua forza sarà nel non farsi condizionare. Nervi saldi. Io penso che la chiave generale nella vita e in politica sia mantenere un doppio movimento. È evidente che quando diventi capo del governo entri in dinamiche di compatibilità mondiale, tuttavia non devi scordarti di essere diventato capo del governo perché da capo dell’opposizione hai trasmesso il messaggio che avresti cambiato un quadro che gli italiani volevano cambiare». E, di fronte a una opposizione invisibile e alleati che «cercano spazi, ma non sono una minaccia concreta», per l’ex ministro «la vera sfida della Meloni è con se stessa: agire da giovane donna, di governo, senza farsi metabolizzare dal sistema di potere».

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