A 12 anni picchiato nei bagni della scuola, Gaetano Daniele: “siamo noi genitori a creare in casa una genia di bulli. Non coprite i vostri figli”

Gaetano Daniele ith24

By Michele Piras

Picchiato dai bulli nei bagni della scuola. È successo a un ragazzino di 12 anni di Gerano, in provincia di Roma. L’episodio, avvenuto nella scuola media di Pisoniano, ha suscitato grande preoccupazione e polemiche sui controlli. Tanto che sul tema sono intervenuti i sindaci della Valle del Giovenzano, con una nota congiunta nella quale hanno richiamato alla necessità di un impegno educativo collettivo contro la violenza.

Sulla spinosa questione è intervenuto anche l’amministratore di ith24 Gaetano Daniele, che tuona:

“Il mondo si è capovolto, e l’ennesima prova che questo è un dato acquisito consiste nel fatto che una volta erano gli insegnanti a picchiare gli alunni, mentre ora le parti si sono invertite: i ragazzi menano di brutto non solo chi si fa pecora, come il 12enne in questione, ma anche i docenti”.

E ancora: “A me non sembra normale. E ancor meno lo è un altro fenomeno che si registra nello stesso ambiente dell’istruzione: spesso se uno studente viene rimproverato a causa di una mancanza grave, corre a casa e piange sulle spalle dei genitori. I quali, sentendosi offesi o addirittura ingiuriati nella loro veste di mamma e papà, l’indomani si presentano al cospetto del cattedratico, chiedono spiegazioni a muso duro, e al culmine della irritazione non trovano di meglio che seppellirlo di cazzotti. Non soddisfatti di aver vinto il match pugilistico, corrono nella redazione del giornale locale e si sfogano così: abbiamo castigato il maestro perché meritava una punizione per non essere stato capace di ottenere il meglio dall’amato figliolo. E aggiungono: «Perdio, la scuola deve educare, non sgridare». Leggi anche: Il prof bullizzato a Lucca, l’orrore in classe. Ciò è quanto succede da qualche tempo in qua nel nostro sguaiato e impenitente Paese. Tutti sono convinti sia compito dei docenti impartire lezioni di buon comportamento agli allievi, se però gli insegnanti stessi si permettono di redarguire coloro che non si adeguano alla disciplina della classe, apriti cielo, scoppia un litigio che sovente sfocia in una aggressione delle madri irritati ai professori severi, colpevoli di aver fatto il loro dovere”.

Non solo: “Certi episodi vengono catalogati alla voce “bullismo”, quasi che i bulli fossero figli dell’era tecnologica. In realtà sono sempre esistiti, tuttavia gli davamo un altro nome: teppisti, delinquenti. Il problema è che i teppisti, delinquentelli, come mi ricordavano i miei nonni da piccolo, nei ruggenti anni Cinquanta erano trattati dalla polizia a calci nel culo, e i magistrati non li assolvevano dando loro una pacca sulle spalle, bensì li giudicavano alla stregua di criminali. Oggi gli stessi docenti vittime di aggressioni, dopo aver subìto violenze, si affrettano a perdonare i manigoldi agevolandone il ritorno in aula come se non fosse accaduto nulla di grave. Ovvio che i maneschi, protetti dalla famiglia e addirittura dai maestri deboli e inclini a minimizzare gli affronti patiti, siano incoraggiati ad assumere atteggiamenti spocchiosi o, peggio, rissosi”.

Infine: “Gli adolescenti bulli sono tali in quanto noi gli consentiamo di esserlo. Invece di redarguirli li difendiamo, li coccoliamo, li giustifichiamo evitando con cura di raddrizzarli perché siamo in tutt’altre faccende affaccendati. Deleghiamo la scuola ad ammaestrarli e ad indirizzarli sulla retta via, persuasi che lo Stato sia obbligato a fare quanto noi non siamo più capaci: i genitori. Vogliamo che i pargoli imparino il sesso in classe, imparino a usare il computer, imparino il galateo, imparino la Costituzione, imparino tutto, perfino l’educazione e il codice stradale. Non riusciamo a ficcarci in testa un concetto semplice: la formazione dei figli, la loro crescita di cittadini modello avvengono in casa, a tavola con i familiari oppure non avvengono. A scuola ci si ingegna a leggere e a scrivere o poco più. Si apprendono la grammatica, la sintassi e l’aritmetica. A far capire la vita deve provvedere la famiglia. E quando uno dei due genitori non è capace deve avere le palle di affidarlo a chi ha le idee ben chiare sul ruolo che il signore Dio gli ha dato, e non ostinarsi a dimostrare quello che non si è all’altezza di fare solo perché bisogna apparire a “qualcuno” quello che non siamo e non sentiamo, solo per il piacere di essere chiamate mamme. Altrimenti non facciamo altro che sfornare ragazzi come quelli che hanno bullizzato il 12enne di Roma, o peggio, ragazzi che inseguono falsi miti come quelli che arrivano a farsi chiamare “sangue blu”, personaggi di Gomorra, l’invenzione di un signore che ha continuato a generare tristezza tra i nostri figli.

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