Gaetano Daniele: “Lo stile è come il portafogli, o ce l’hai o non ce l’hai.. E se non ce l’hai, rende pazzi…”

Gaetano Daniele

By Giuseppe Tricarico (per ith24)

“Allestire una vetrina è come fare un articolo basato su dati oggettivi“. E così, discorrendo di capispalla maschili in lana ruvida, nuance classiche e sobrie (perché, per Gaetano Daniele, è meglio essere pungenti e trasgressivi nella scrittura e nella comunicazione, non negli outfit), mantelli del secolo scorso e altre nostalgiche reminiscenze dal sapore rétro, anche basandosi sulle esperienze, racconti, osservazioni e ricordi in chiave fashion si trasformano in una sagace lezione di vera informazione, “ove, pur immersi nella routine, pur schiacciati da mille timori”, ha affermato, “è importante riuscire a non andare troppo distante dalla propria personalità”. Esattamente come quando si sceglie una camicia, una cravatta o, ancora, un mocassino. E per Gaetano Daniele, i simili prima o poi si attraggono, i diversi di stile, prima o poi si separano.

Lo incontriamo nella sua abitazione di Caserta. È impicciato tra carte e scartoffie. Ma ci invita a sederci: vi preparo un caffè. Ma non può dedicarci troppo tempo, suo foglio fa parte dei Boy Scout, e alle 18.30 gli tocca andarlo a prendere.

Quando si parla con l’amministratore di ith24, si rimane sempre stupiti. Come se sapesse sempre tutto. Si scoprono sempre cose nuove, e riesce a rrasmetterci sempre quel tocco che ci consente di lasciarlo avendo acquisito qualcosa in più nel nostro bagaglio culturale. Ormai sono mesi che ci ha affidato la gestione del sito. E ne siamo entusiasti.

In che cosa consiste lo stile per lei?
Avere
il riccio a 6 sulla fronte oppure una Corvette tirata a lucido?

Detesto le mode. M’infastidiscono. Tacchi alti, tacchi bassi, pantaloni a zampa d’elefante, poi a sigaretta… tutti questi cambiamenti che trovo sciocchi. Io sono a favore di una continuità nell’abbigliamento e anche nel modo di comportarsi. Certo. Amo cambiare. Perché solo gli sciocchi non cambiano mai idea.

Meglio la sobrietà o la provocazione?

Dipende. La sobrietà nel vestire. Per quanto mi riguarda sono molto portato alla provocazione: è quella che fa discutere, che sveglia i cervelli.

Innata o si acquisisce?

Si acquisisce. Con l’imitazione, con l’apprezzamento del bello, con approfondimenti anche di tipo culturale. Non è legata a certe caratteristiche come al peso del corpo o all’altezza di una persona. Ho conosciuto donne molto piccole, ma molto eleganti e affascinanti. E altre che, pur mostrando le gambe su tacco 10, sembravano o tronchi d’albero o le cosce di un mio amico maestro posatore: “Mastu Franchin”.

Un capo che non può mancare nel suo guardaroba?

Beh, da quando mi sono trasferito a Caserta (ormai da 11 anni) senza mai più far ritorno nella casa materna, neanche più per un week end, e da quando sono stato investito dalla responsabilità genitoriale, ho divuto mettere un po da parte lo stile. Comunque le giacche di tweed e i completi di flanella, come camice e poollover, non dovevano mai mancare.

L’accessorio che fa la differenza?

Per me sono le scarpe.

Quali scarpe non toglierebbe mai?

Cambio le calzature tutti i giorni e le tengo benissimo con le forme ad hoc di legno di cedro. Ho dei mocassini che amo particolarmente, così come delle stringate… Molto dipende dalle circostanze. Prediligo i modelli testa di moro blu e nero. Tinte scure, comunque, non quelle chiare che vanno di moda. Di solito non amo il bianco, è come avere il gesso.

I suoi tessuti prediletti?

Gabardine e vicugna.

Il capo e/o l’accessorio che le piace, ma che non riesce a portare?

Più che altro, non amo lo smoking, anche se ce l’ho e penso che mi stia anche bene, ma non lo metto volentieri. Ritengo che, con esso, siamo ai confini dell’esibizionismo. Infatti, da quando a Monaco al Film Festival di Ezio Greggio, dove vengo puntualmente invitato, lo vidi indossato da un pizzaiolo con tanto di scarpe da ginnastica, non solo odiai lo smoking, ma decisi di non parteciparvi neanche più. Difatti lo regalai a mio cognato.

Il capo e/o l’accessorio più originali che abbia mai indossato? In quale occasione?

Mi è capitato di indossare delle giacche a quadri più o meno stile “principe di Galles”, ma con dei colori vomitevoli. Tipo uno sfondo giallo che m’irritava.Non le ho messe più.

L’epoca storica che considera più interessante dal punto vista dello stile?

Gli anni ‘90 sono quelli che preferisco. Ho inoltre nostalgia per gli anni 2000. Quando abitavo a Varese, avevo un mio stile. Il Giubbino di pelle e gli stivaletti alla Cawboy andavano forte.

Un capo del passato che vorrebbe indossare oggi?

Mi è sempre piaciuto il mantello, ma oggi sarebbe un po’ fuori dai canoni usuali. Mio nonno ne aveva uno bellissimo, a ruota. Mi affascinava tanto.

Il tipo di profumo o la nota olfattiva che preferisce?

Adoro le fragranze dolci ma forti. Da ragazzo usavo Farenhait di Cristian Dior. Oggi non mi schiodo da Edu Souage.

Un quadro, una musica e, ancora, un libro che considera emblema di eleganza, e perché?

Le piazze di De Chirico: sono razionali, ma anche un po’ oniriche. Mi piacciono da impazzire le composizioni di Beethoven e di Chopin, elegantissime. Ho amato diversi libri come quelli di Dostoevskij. Abbiamo molte cose in comune.

Un’abitudine o un rito a cui è affezionato, legato ad abiti e scarpe?

Ho un problema con le scarpe. Ne ho talmente tante che sono costretto a metterle tutte iin una cesta molto larga ma, essendo davvero numerose, finiscono una sopra l’altra. E quando ne cerco una non la trovo mai. Impazzisco.

Un aneddoto che parla del suo rapporto con la moda e lo stile?

Da ragazzo, appena finita la scuola, provai anche a fare il vetrimista grazie ad uno dei miei migliori amici. Mi raccomandò da un signore di nome Ciccio. Ricordo che giunto sul luogo di lavoro fui chiamato al secondo piano dalla moglie di Ciccio. Varcata la porta, mi sentii dire: qua c’è il latte. Per educazione rifiutai: no grazie, ho già fatto colazione. Ma la buona donna mi fece notare che non era per me che lo avrei dovuto portare al capo, a Ciccio.. Allora decisi di mandarla a quel Paese e lasciai quel lavoro. Pensavo di fare il vetrimista non il garzone. Poi ho finito di studiare e ho fatto altri lavori. Comunque quando vedo Armani, Santoni o Fratelli Rossetti, mi incamto. Sono cresciuto con loro.

Cosa rende elegante un uomo e cosa una donna?

Ritengo che, in entrambi i casi, la postura a tavola sia significativa. Le donne, in particolare, sono eleganti, al di là dell’abbigliamento, quando non gesticolano, men che meno se hanno bracciali che tintinnano e che le rendono inutilmente appariscenti. La donna a differenza dell’uomo ha una marcia in più. Ma se non è all’altezza ci vuole la cucchiara e la Cardarella. Cemento pronto presa.

Cosa rende elegante una firma giornalistica?

L’ironia e l’autoironia. Sul lettore produce un effetto consolatorio: non bisogna predicare stando sull’ultimo gradino, ma sul primo a partire dal basso.

Quali sono le firme più eleganti?

Oriana Fallaci.

L’errore di stile imperdonabile?

Le scarpe gialle, rosse o bianche: sono tremende. E quelle che hanno attorno una sorta di cordonatura dei marciapiedi: sono talmente orrende che fatico pure a guardarle in vetrina, figuriamoci indossate.

Come intende chiudere questa intervista?

Lo stile non va mai confuso con la volgarità. Come l’ignoranza con l’arte.

Pubblicato da edizioni24

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