400 miliardi. A marzo 600 euro e, ad aprile 800. Caro Conte, dopo 45 giorni, nessuno ha visto nulla, tranne i proclami

By Gaetano Daniele

Un altro giorno se ne va con la speranza che la mattina seguente sia la giusta. Il Premier Giuseppe Conte ha promesso. E mentre si riempiva la bocca a suon di discreti e proclami, gli italiani si morivano di fame. E la situazione peggiora di giorno in giorno. Ma l’italiano resiste. Vive di speranze. È così. Se quello che sta accadendo in Italia fosse accaduto in un altro Stato, non oso immaginare cosa sarebbe accaduto. Ai posteri l’ardua immaginazione. Lo Stato si giustifica asserendo che le operazioni finanziarie richiedano tempi tecnici. Mica è colpa di Conte o di Di Maio, o di Zingaretti o di Renzi, o del presidente dell’INPS Tridico, se dopo 45 giorni non arrivano i soldi? Per carità. La colpa è della burocrazia.

Non possiamo essere così esigenti da non capire che i soldi ci sono ma che 45 giorni sono ancora troppo pochi da consentire l’avvenuto pagamento. Bisogna aspettare. Solo che lo stomaco degli italiani, soprattutto dei bambini sia impaziente. Ma come recita una canzone di Nino D’angelo: le orecchie dei disonesti non sentono verità.

Del resto le casse romane sono piene, si, ma di debiti. Uno schifo al quale non si è mai posto rimedio poiché la cosiddetta casta non si è mai preoccupata delle esigenze del Paese, figuriamoci se potevano farlo ex bibitari ed ex tronisti. Con tutto il rispetto alle categorie.

E non illudiamoci che Conte sia diverso dai predecessori anzi. Punta a rimanere il più possibile a Palazzo Chigi ed è per questo che giura di coprire l’italia di soldi che non ha. Il bluff ahimè è servito solo a contenere una rivolta, ma presto sarà scoperto. Egli, in pratica, ci prende per il culo. Da un portafogli vuoto nessuno è in grado di estrarre l’utile per garantire ai concittadini un pasto caldo e neppure freddo. In conclusione,? Meglio morire rivoluzionari poveri, che topi in gabbia, fessi.

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