[La Fonte] 007, dossier, spie, infiltrati: Washington “sputtana” la Cina sul Coronavirus

L’ordine che Joe Biden ha dato ai funzionati dell’intelligence americana è emblematico della nuova pressione che gli Stati Unitihanno intenzione di esercitare sulla Cina. Il presidente democratico ha chiesto ai funzionari di raddoppiare gli sforzi per indagare sulle origini della pandemia di Covid-19, e questo sottintende prendere in considerazione qualsiasi ipotesi, compresa l’eventuale fuoriuscita del virus da un laboratorio cinese. Entro 90 giorni le agenzie Usa dovranno riferire, mentre le strutture nazionali del Paese dovranno assistere alle indagini e l’intelligence preparare domande specifiche da rivolgere al governo cinese.

“Gli Stati Uniti continueranno a lavorare con partner affini in tutto il mondo per spingere la Cina a partecipare a un’indagine internazionale completa, trasparente e basata su prove e per fornire accesso a tutti i dati e le prove rilevanti”, ha affermato Biden, non ritenendo sufficiente quanto fin qui emerso in seguito all’indagine effettuata a Wuhan da un team dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Già sotto l’amministrazione guidata da Donald Trump quasi nessun politico statunitense credeva all’origine naturale del Covid. Nonostante la Cina e l’Oms abbiano affermato il contrario, restano in ballo diverse domande in attesa di risposta e nodi ancora da sciogliere. Detto in altre parole, il mosaico pandemico – soprattutto il contesto relativo alla primissima fase, individuabile tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno 2019 – continua a non convincere.

E così, mentre l’Oms spiegava le quattro ipotesi relative all’origine più plausibili relative all’origine del covid ritenendo estremamente improbabile la sua fuoriuscita dal laboratorio di Wuhan, i servizi americaniraccoglievano informazioni parallele. Qualche mese fa l’ente con sede a Ginevra ha pubblicato un report nel quale ha sottolineato le piste da seguire per ricostruire la nascita del Covid: trasmissione indiretta da pipistrello a uomo mediante un ospite intermedio; trasmissione diretta, sempre da pipistrello a uomo; diffusione mediante prodotti alimentari della catena del freddo; incidente di laboratorio.

In risposta al dossier Oms è arrivata, a distanza di qualche mese,la replica di Washington. Secondo un rapporto dell’intelligence Usa, tenuto fin qui top secret e rivelato dal Wall Street Journal, nel novembre 2019– ovvero un mese prima del primo contagio ufficiale registro dalle autorità cinesi i ricercatori dell’Istituto cinese di virologia di Wuhan erano gravemente ammalati di Covid-19. I presunticontagiati avrebbero perfino richiesto cure ospedaliere.

La tesi americana ha riacceso il dibattito sulle origini del Covid e alimentato nuove richieste per avviare un’indagine più completa. Il dossier Usa, a dire il vero, ha avvalorato le informazioni contenute in un foglio informativo del dipartimento di Stato diffuso durante le ultime settimane dell’amministrazione Trump. Stando al contenuto di quel documento, diversi ricercatori del laboratorio di Wuhan – un centro, ricordiamolo, dove si studiano coronavirus e altri patogeni – si sarebbero ammalati nell’autunno 2019 manifestando “sintomi coerenti sia con il Covid-19 che con la comune malattia stagionale”.

Il dossier svelato dal Wsjconterrebbe notizie più accurate, visto che al suo interno viene chiarito sia il numero esatto di ricercatori ammalati (3), sia che tutti e tre i pazienti sarebbero stati contagiati dal Covid e non dalla banale influenza. Al momento non conosciamo quali siano le fonti del rapporto, e probabilmente è proprio per questo che l’intero report è stato classificato come top secret. Non è da escludere che gli Stati Uniti siano riusciti a ottenere informazioni simili da contatti diretti coltivati a Wuhan, o addirittura all’interno del laboratorio.

Le prime notizie ottenute dai servizi americani risalirebbero trala fine di settembre e l’inizio di ottobre 2019, cioè mesi prima che l’opinione pubblica accendesse i riflettori su Wuhan e sul mercato ittico di Huanan. A quanto pare gli Stati Uniti avrebbero ricevuto informazioni di prima mano da una fonte sul campo. Non conosciamo né il suo nome né la sua identità. Sappiamo soltanto che l’uomo misterioso – un membro del team clandestino arruolato dagli Usa per spiare la Cina sul proprio territorio – sarebbe un cinese che, per motivazioni professionali, riusciva ad accedere al laboratorio di massimo biocontenimento dell’Istituto di virologia di Wuhan.

Già da mesi l’informatore che nell’autunno 2019 aveva avvisato il governo americano di strane polmoniti atipiche è sparito dai radar. È stato catturato da Pechino oppure, come sostengono alcuni, ha tradito Washington continuando a dare informazioni false sullo stato dell’epidemia, così da mettere fuori strada gli Stati Uniti? Certo è che Washington è arrivata completamente impreparata all’appuntamento con il Covid. E la colpa potrebbe essere di informazioni parziali o addirittura false.

Nel frattempo, tornando al presente, il Senato americano ha approvato la legge per ladeclassificazione delle informazioni relative all’origine del Covid. La legge prescrive che il direttore della National Intelligence entro 90 giorni autorizzi la divulgazione di “ogni possibile informazione relativa al potenziale collegamento tra l’istituto di virologia di Wuhan e l’origine del coronavirus”.

La legge chiede in particolare che vengano divulgate le informazioni riguardo all’attività del laboratorio di Wuhan, dei programmi di ricerca per l’esercito cinese e le notizie relative ai ricercatori cinesi che sarebbero stati ricoverati nell’autunno del 2019. Pronta la replica della Cina, che ha criticato la “storia oscura” dell’intelligence Usa e respinto la necessità di una nuova indagine. Il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha obiettato che “le motivazioni e gli scopi dell’amministrazione Biden sono chiari”, mentre “l’oscura storia della comunità dell’intelligence Usa è nota da tempo al mondo”.

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