007, Conte si gioca il tutto per tutto: vuole il controllo totale sui Servizi? Non ci riuscirà!

Concentrare attorno a Palazzo Chigi tutto il coordinamento e il controllo sull’attività dei servizi segreti. Di più: rendere il presidente del Consiglio referente centrale e definitivo di tutte le attività legate all’intelligence, rafforzando i poteri che già la legge puntualmente prescrive circa il decisivo ruolo del premier nel dare indirizzo alle mosse degli 007. La volontà politica di Giuseppe Conte è chiara, la tregua di fine anno sulla manovra non deve far dimenticare che la partita decisiva all’interno del governo è quella sull’intelligence, per il cui coordinamento le forze di maggioranza chiedono la nomina di un’autorità delegata di provenienza partitica, mentre il premier preferirebbe un profilo tecmico.

A questo si aggiunge uno dei casus belli della prima fase di contestata convivenza tra il premier e la maggioranza M5S-Pd-Italia Viva-LeU: la volontà di Conte di creare una fondazione italiana dedicata alla cybersecurity e di dotarla di un finanziamento-monstre (200 milioni di euro) è stata stoppata da Cinque Stelle e Pd e bocciata anche dal Copasir, ma resta nelle cronache della verifica di governo in corso e che si riaprirà con l’anno nuovo.

Blindare i servizi nelle mani di Palazzo Chigi e creare sotto la sua ala una fondazione capace, come ha sottolineato al Sole 24 Ore l’avvocato esperto di cybersecurity Stefano Mele, “di caratterizzarsi come un vero e proprio fondo pubblico o semi pubblico di venture capital in ambito tecnologico” darebbe a Conte armi politiche notevoli nel contesto nazionale ed internazionale. I servizi segreti sono da tempo lo snodo informativo e strategico decisivo per l’elaborazione dell’azione politica e una forte riserva di fedeltà politica e potere; parimenti, il tema del cyber sta acquisendo centralità nelle dinamiche geopolitiche, nelle relazioni transatlantiche Usa-Europa, nei progetti di “sovranità tecnologica” immaginati da Francia e Germania e nella legislazione comunitaria.

Proprio una recente direttiva europea, spiega Affari Italianiha superato ed eliminato la precedente regolamentazione del 2016 (la direttiva Nis) “che per la prima volta ha dotato l’Unione europea di un quadro comune in materia di cybersecurity. In poche parole la nuova direttiva Nis amplia il campo di applicazione della precedente, aggiungendo nuovi settori, in base alla loro criticità per l’economia e la società, e introducendo un chiaro limite di dimensione, per cui tutte le medie e grandi aziende nei settori selezionati saranno incluse nel suo ambito”. Il campo della competizione tecnologica è più presidiato che mai, gli Usa e l’Europa fanno fronte alla sfida cinese e anche nel mondo economico e politico le modalità di approccio alle partite più importanti nell’innovazione di frontiera (dal 5G alla nuova architettura cloud Gaia-X) stanno diventando questioni politiche dirimenti nel panorama nazionale.

Ambienti delle istituzioni italiani confidano ad Affari Italiani che la partita delle partite tra Conte e gli altri esponenti della maggioranza, primo fra tutti il sempre istrionico Matteo Renzi è per il controllo politico di queste nuove linee di tendenza: il punto, spiegano fonti molto bene informate è che riportare sotto il controllo del premier l’asse costituito da perimetro cyber e servizi darebbe all’esecutivo un vantaggio competitivo e una concentrazione di potere e rilevanza tali da far venire meno ogni bilanciamento politico e istituzionale costituzionalmente garantito. La velocità di Conte sui servizi non ha par agoni con quanto avvenuto dal 2007 in avanti, dato che sia i governi del centrodestra che gli esecutivi di centrosinistra hanno sempre desistito dal fare dei servizi una terra di conquista partigiana, giocando sempre bene le carte del dialogo tra le autorità delegate del premier e la garanzia rappresentara dal Copasir, per legge guidatp da un esponente dell’opposizione come alrre commissioni di vigilanza.

Di fronte al calo di sostegno dei suoi protettori internazionali, alla diversificazione degli orientamenti dei partiti, ai nuovi scenari globali in via di apertura e all’imitazione del Quorinale Conte ha capito che per durare politicamente e sopravvivere anche a un’eventuale fase di crisi e maretta l’intelligence diventa decisiva. Un fattore di rafforzamento agli occhi dei ministeri chiave: Esteri, Economia, Difesa, Interno, Affari Europei. E un punto a suo favore nel braccio di ferro della maggioranza. Questa condotta è però spericolata e di difficile controllo, perché rischia di portare Conte a sbandare nella foga di trasformare in questione partigiana la necessaria ricerca di un coordinamento per quello che dovrebbe essere un patrimonio comune delle istituzioni e della Repubblica. E di ridurre la possibilità per l’Italia di partecipare a sfide geopolitiche e strategiche di ampia portata. Le conseguenze rovinose della lotta di potere Conte-Renzi sulla credibilità internazionale e sul futuro politico del Paese rischiano di essere di ampia portata.

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